Dal cinema muto nasce l’ispirazione di una giovane fotografa, nata e cresciuta in Calabria, terra da lei molto amata. Ed è qui che ripercorre nella sua ricerca fotografica il concetto e il dubbio se esiste davvero l’amore, un amore mai consumato. Un sentimento evocativo, illusorio e ancora di più, il migliore testo per la sceneggiatura della vita. Immagini femminili ambientate in luoghi fatiscenti dimenticati da “Dio” tra drappi barocchi e riflessi su vetri rotti e sguardi nascosti dentro la polvere e luci da palcoscenico di uno spettacolo terminato. Fotografia irreale e teatrale da film muto degli anni ’30…è ciò che meglio sa interpretare Stefania Sammarro in arte Ania Lilith. [Marika lion – First Online]

La fotografia è una vera e propria arte. Comunicare con le immagini significa avere la capacità in una frazione di secondo di arrivare al cuore delle persone. Non è da tutti dunque fare della propria fotografia uno strumento di condivisione di “bellezza”. A questo obiettivo raggiunto da pochi arriva con semplicità Stefania Sammarro con “Oblivion”. [Leonardo Lasala – Fan Page]

Quando lo scatto sconfina nell’arte e non sai se ciò che hai di fronte è una foto o un dipinto. Fotografia e opera d’arte si mescolano in una sorta di felicissima crasi fino a confondersi. E’ quello che accade osservando gli scatti di Stefania Sammarro, giovane fotografa cosentina, ospite, nella Sala “Quintieri” del Teatro “Rendano”, della Commissione Cultura del Comune di Cosenza che le ha consegnato un riconoscimento per il suo talento e per essere riuscita ad imporsi anche in contesti internazionali, come testimoniano alcune sue fotografie che hanno guadagnato il passaporto per il Regno Unito.[Giuseppe Didonna – Comune di Cosenza]

Ogni immagine è il frame di un unico film, che assume il significato che ne dà il lettore, mischiando le emozioni suscitate al proprio personalissimo bagaglio culturale ed etico.
[Francesca Lagatta – Giornalista]

Nelle foto di Stefania Sammarro, che inizialmente possono suscitare inquietudine, o malinconia, si respira anche altro. Se da un lato il degrado, l’abbandono e la solitudine possono stimolare emozioni negative nel fruitore, al contrario, i dettagli e i soggetti immortalati rievocano sogno, calma apparente e arte stessa. Le sue visioni, sono in grado di toccare la storia dell’Arte con i suoi riferimenti a Caravaggio o Hammershøi – L’artista che dipingeva le donne di spalle; tocca il sociale, con i ritratti legati alla donna e la violenza sulla donna; imprigiona il teatro, con la costruzione di una scena, dove il soggetto diventa oggetto del non luogo stesso. I riferimenti alla letteratura, alla filosofia e alla poesia sono evidenti, proprio perché ogni immagine è in grado di raccontare, spesso, più delle parole. E infine, il cinema: ogni immagine, infatti è un singolo fotogramma, che allacciato all’altro crea una storia, un racconto, sia esso fantastico o reale. Questa è Stefania Sammarro e il suo teatro silenzioso.
[Commissione Cultura di Cosenza]

Fotografia come arte contemporanea. L’atto fotografico, narrazione visiva, il corpo e l’oggetto.
Fotografia come sottrazione. Ania, è il personaggio capace di creare un mondo grazie ai suoi scatti. Un mondo che è altro da ciò che vediamo tutti i giorni e, al tempo stesso, lo rivela sotto uno sguardo incantato e nostalgico, desiderante e infante, inquieto e sognante.
[Stefania Carpentieri – D-art]

[…]Un vedere oltre. Corpi femminili colti in una sorta di animazione sospesa, in un attimo lungo di esitazione, di non azione. Spesso distesi, appoggiati ad alberi o rovine, vaganti tra boschi e case diroccate, sedute con le membra conserte, i corpi di somigliano a fantasmi, spettri reali, colti dalla macchina fotografica in un momento di smarrimento o forse rivelati nel loro costitutivo smarrimento. Ma sono volti e corpi che così rivelano il loro mistero, come se lo sguardo non cercasse che questo, quel momento di evanescenza e fragilità che compone l’esistenza. I personaggi, i ritratti non lavorano, la loro immobilità rivela però ciò che sta dietro ogni gesto, quel momento in cui il pensiero domina. Ed è un momento di bellezza, anche inquietante, perturbante a volte, ma pur sempre necessario ad ogni sguardo. […]
[Daniele Dottorini – Università della Calabria]